Il quesito: è legittima l’anticipazione mensile del TFR?
L’INL risponde a un’interpellanza dell’Ispettorato di Milano, inoltrata tramite la Direzione interregionale del lavoro del Nord, in merito alla legittimità di questa prassi che – di fatto – anticipa il TFR mensilmente, assimilando l’importo a una voce retributiva ordinaria.
La posizione dell’Ispettorato
Richiamando l’articolo 2120 del codice civile, l’Ispettorato ribadisce che:
- Il TFR è una somma destinata a garantire un sostegno economico al termine del rapporto di lavoro;
- Le anticipazioni sono ammesse solo nei casi tassativamente previsti dalla legge o, in via migliorativa, dalla contrattazione collettiva o da specifici patti individuali; Tuttavia, anche in questi casi, l’anticipazione deve riguardare il montante già maturato, non una quota mensile versata in automatico in busta paga. Infatti, la pattuizione collettiva o individuale non deve tradursi in un automatico trasferimento in busta paga del rateo mensile che, altrimenti, costituirebbe una mera integrazione retributiva con conseguenti ricadute anche sul piano contributivo.
Il Trattamento di Fine Rapporto (TFR)
IL TFR è disciplinato dall’articolo 2120 codice civile. Tale disposizione normativa stabilisce:
- I criteri di calcolo
- Le possibilità ed i requisiti per chiedere un anticipo
- I limiti massimi di anticipazione
Un tuffo nel passato
In via del tutto eccezionale e sperimentale, con l’art. 1, comma 26 della Legge 190/2014 e limitatamente dal 1° marzo 2015 al 30 giugno 2018, i lavoratori dipendenti del settore privato, con un’anzianità di servizio di almeno sei mesi, potevano scegliere di ricevere la quota di TFR maturata mensilmente unitamente alla retribuzione in busta paga. Tale possibilità non è più prevista dal 1° luglio 2018.
10+1 motivi per cui conviene un fondo pensione
L’Ispettorato richiama anche l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 4670/2021 per sottolineare che l’erogazione anticipata, se non fondata su presupposti normativi o contrattuali validi, deve essere considerata retribuzione ordinaria, con tutte le implicazioni contributive del caso. Nel caso in cui un datore di lavoro eroghi quote di TFR in busta paga senza base giuridica, gli ispettori dovranno intimare l’accantonamento delle somme tramite un provvedimento di disposizione ex art. 14 del D.Lgs. n. 124/2004.
Implicazioni per i datori di lavoro con almeno 50 dipendenti
Un ulteriore punto è legato al Fondo Tesoreria INPS (art. 1, commi 756 e 757, della Legge 296/2006; DM 30 gennaio 2007). Dal 2007, infatti, i datori di lavoro con almeno 50 dipendenti sono obbligati a versare il TFR maturando a tale Fondo. Le quote versate assumono la natura di contributi previdenziali e, come tali, sono indisponibili, salvo le ipotesi specifiche previste dalla normativa.
Articolo 2120 Codice Civile
In ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto a un trattamento di fine rapporto. Tale trattamento si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso divisa per 13,5. La quota è proporzionalmente ridotta per le frazioni di anno, computandosi come mese intero le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni.
Salvo diversa previsione dei contratti collettivi la retribuzione annua, ai fini del comma precedente, comprende tutte le somme, compreso l’equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese.
In caso di sospensione della prestazione di lavoro nel corso dell’anno per una delle cause di cui all’articolo 2110, nonché in caso di sospensione totale o parziale per la quale sia prevista l’integrazione salariale, deve essere computato nella retribuzione di cui al primo comma l’equivalente della retribuzione a cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento del rapporto di lavoro.
Il trattamento di cui al precedente primo comma, con esclusione della quota maturata nell’anno, è incrementato, su base composta, al 31 dicembre di ogni anno, con l’applicazione di un tasso costituito dall’1,5 per cento in misura fissa e dal 75 per cento dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, accertato dall’ISTAT, rispetto al mese di dicembre dell’anno precedente.
Ai fini dell’applicazione del tasso di rivalutazione di cui al comma precedente per frazioni di anno, l’incremento dell’indice ISTAT è quello risultante nel mese di cessazione del rapporto di lavoro rispetto a quello di dicembre dell’anno precedente. Le frazioni di mese uguali o superiori a quindici giorni si computano come mese intero.
Il prestatore di lavoro, con almeno otto anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro, può chiedere, in costanza di rapporto di lavoro, una anticipazione non superiore al 70 per cento sul trattamento cui avrebbe diritto nel caso di cessazione del rapporto alla data della richiesta.
Le richieste sono soddisfatte annualmente entro i limiti del 10 per cento degli aventi titolo, di cui al precedente comma, e comunque del 4 per cento del numero totale dei dipendenti.
La richiesta deve essere giustificata dalla necessità di:
- a) eventuali spese sanitarie per terapie o interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche;
- b) acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli, documentato con atto notarile.
L’anticipazione può essere ottenuta una sola volta nel corso del rapporto di lavoro e viene detratta, a tutti gli effetti, dal trattamento di fine rapporto.
Nell’ipotesi di cui all’articolo 2122 la stessa anticipazione è detratta dall’indennità prevista dalla norma medesima.
Condizioni di miglior favore possono essere previste dai contratti collettivi o da patti individuali. I contratti collettivi possono altresì stabilire criteri di priorità per l’accoglimento delle richieste di anticipazione.