Lavorare dopo la pensione: si può?
La normativa vigente, D.L. n. 112/2008, consente ai pensionati di svolgere attività lavorativa senza perdere il diritto alla pensione. Ciò vale sia per i lavoratori autonomi che per quelli dipendenti, ma ci sono delle eccezioni, principalmente legate a regimi pensionistici specifici.
Lavoro e pensione di vecchiaia o anticipata
Il cumulo di redditi da lavoro e da pensione è possibile per tutti coloro che vanno in pensione con il sistema retributivo o misto, cioè per quei soggetti che hanno iniziato a versare i contributi prima del 31 dicembre 1995.
Per i pensionati contributivi puri, coloro cioè che sono stati iscritti per la prima volta alla previdenza obbligatoria a partire dal 1° gennaio 1996, il cumulo tra lavoro e pensione anticipata o di vecchiaia è possibile se si raggiunge almeno uno dei seguenti requisiti:
- 60 anni di età per le donne e 65 per gli uomini;
- 40 anni di contribuzione;
- 35 anni di contribuzione e 61 anni di età anagrafica.
Lavoro e pensione assegno ordinario di invalidità e pensione di inabilità
Chi percepisce l’assegno ordinario di invalidità può lavorare, ma ci sono dei limiti reddituali da rispettare. In questo caso, infatti, è prevista la decurtazione della pensione in base al superamento di determinate soglie di reddito.
Nel dettaglio:
- 25% in meno se il reddito da lavoro supera di 4 volte il trattamento minimo INPS;
- 50% se il reddito supera di 5 volte il trattamento minimo INPS.
Per chi percepisce un assegno ordinario di invalidità superiore al minimo, la parte eccedente può subire un’ulteriore decurtazione nel caso in cui l’anzianità contributiva sulla base della quale è calcolato sia inferiore ai 40 anni.
Il taglio è pari:
- al 50% della quota eccedente il trattamento minimo nel caso di reddito da lavoro subordinato, che viene sottratta direttamente in busta paga dal datore di lavoro (che poi li riversa all’INPS), oppure sugli arretrati di pensione in caso di liquidazione tardiva;
- al 30% della quota eccedente il trattamento minimo nel caso di redditi da lavoro autonomo, fatta direttamente dall’INPS sulla base della comunicazione dei redditi annui percepiti.
Tuttavia, questa riduzione sulla parte eccedente non può:
- essere superiore al reddito da lavoro dipendente percepito;
- superare il 30% del reddito da lavoro autonomo.
Inoltre, non si taglia la parte di reddito eccedente il minimo nel caso in cui:
- il reddito conseguito sia inferiore al trattamento minimo INPS;
- il lavoratore sia impiegato con contratti a termine di durata non superiore ai 50 giorni nell’arco dell’anno solare;
- il reddito deriva da attività socialmente utili svolte dagli anziani nell’ambito di progetti di reinserimento.
Chi percepisce la pensione di inabilità al lavoro non può svolgere alcuna attività lavorativa, dal momento che il presupposto per ricevere l’assegno è l’assoluta impossibilità di svolgere un proficuo lavoro.
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Lavoro e pensione di reversibilità
Anche la pensione ai superstiti o di reversibilità è compatibile con il reddito da lavoro, ma ci sono dei limiti reddituali:
- riduzione del 25%, se il reddito da lavoro è compreso tra 3 e 4 volte l’importo del trattamento minimo INPS;
- riduzione del 40%, se il reddito supera di 4 volte il trattamento minimo INPS;
- riduzione del 50%, se il reddito supera di 5 volte il trattamento minimo INPS.
Questi limiti si applicano esclusivamente se la reversibilità è percepita da una sola persona. Dunque, se ci sono più superstiti nello stesso nucleo familiare a percepire la reversibilità e ci sono anche minorenni, studenti o soggetti inabili senza limiti di età, non sarà applicata nessuna riduzione all’assegno.
Pensione opzione donna
La pensione opzione donna è cumulabile con altri redditi da lavoro autonomo o dipendente al pari di qualsiasi altra pensione di vecchiaia o anticipata. Ci sono state molte interpretazioni a riguardo, dovute alla modalità di calcolo dell’assegno pensionistico che avviene con il metodo contributivo puro. Tale meccanismo però, riguarda solo il metodo di calcolo applicabile alla pensione. Infatti, anche se calcolata con un contributivo puro, è possibile chiedere l’integrazione al minimo anche con l’opzione donna (possibilità esclusa per coloro i quali hanno iniziato a lavorare solo dopo dicembre 1995).
Quota 100, Quota 102 e Quota 103
Per coloro che accedono alla pensione quota 100, quota 102 o quota 103, è previsto il divieto di cumulo nel periodo che intercorre tra la decorrenza della pensione e il raggiungimento del requisito anagrafico richiesto per la pensione di vecchiaia, (67 anni più l’eventuale incremento dovuto all’aspettativa di vita). Alla maturazione dell’età anagrafica richiesta per l’accesso alla pensione di vecchiaia, il divieto decade e si può iniziare qualsiasi attività lavorativa.
L’unica compatibilità è prevista per il reddito percepito da lavoro autonomo occasionale (di cui all’art. 2222 cc) cumulabile nel limite di 5.000 euro lordi annui per il quale, peraltro, non sussiste l’obbligo di iscrizione alla gestione separata dell’Inps. Se il reddito supera tale cifra la pensione con quota 100 diventa incumulabile (Circolare Inps n. 117/2019).
Incentivo per chi posticipa la pensione
I lavoratori dipendenti che hanno maturato i requisiti previsti per l’accesso alla pensione Quota 103 possono rinunciare all’accredito contributivo della quota dei contributi a proprio carico. L’incentivo consiste in un aumento della busta paga per i lavoratori che decidono di ritardare il pensionamento, pari alla quota di contribuzione a loro carico, ovvero generalmente il 9,19%. Tale incentivo si applica a partire dalla prima decorrenza utile della pensione anticipata Quota 103. Nulla cambia per il datore di lavoro che dovrà continuare a versare all’Inps la quota di contribuzione a suo carico.
Pensione anticipata precoci
La pensione anticipata con requisito ridotto per i lavoratori precoci (ovvero coloro che possono far valere 12 mesi di contribuzione effettiva antecedente al 19° anno di età e che si trovano in una delle condizioni previste dalla relativa norma) non è cumulabile con eventuali redditi da lavoro autonomo o dipendente prodotti in Italia o all’estero, a far data dalla sua decorrenza e fino a quando si sarebbe maturato il diritto alla pensione anticipata vera e propria (42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne).
Come funzionano le trattenute del pensionato che lavora
I pensionati che svolgono, contemporaneamente, un lavoro dipendente, devono fare particolare attenzione alle trattenute IRPEF; questo perché, ricevendo più di una certificazione unica, se non si comunica al datore di lavoro la propria condizione di pensionato, le trattenute potrebbero essere troppo basse.
INPS e datore di lavoro, infatti, applicano le aliquote IRPEF rispetto al reddito a loro noto, ma la somma dei due redditi potrebbe richiedere l’applicazione di scaglioni e aliquote IRPEF superiori.
Questo significa che, in sede di dichiarazione dei redditi, quando l’IRPEF si calcola sul totale dei redditi percepiti, potrebbe emergere un conguaglio a debito importante, evitabile comunicando il reddito da pensione al datore di lavoro, che può così applicare le aliquote corrette in busta paga.
Cos’è il supplemento di pensione
Chi decide di lavorare pur essendo in pensione è comunque tenuto a versare i contributi obbligatori, determinati sul reddito da lavoro percepito.
Tuttavia, questi versamenti possono andare a costituire un supplemento di pensione che può essere richiesto trascorsi 5 anni dalla data di decorrenza della pensione o di un precedente supplemento. Per una sola volta, però, il supplemento può essere chiesto dopo 2 anni dalla decorrenza della pensione o dal precedente supplemento, a condizione che il pensionato abbia già compiuto l’età pensionabile.