La normativa italiana in materia di cessazione forzata del rapporto di lavoro per raggiungimento del diritto alla pensione di vecchiaia o anticipata (ex anzianità) prevede differenti procedure in base alla tipologia del rapporto di lavoro, ovvero sia un rapporto di lavoro del settore pubblico o del settore privato. Vediamo di seguito cosa prevede la normativa in base sia alla tipologia di pensione sia alla tipologia di rapporto di lavoro (privato o pubblico).
Licenziamento per diritto alla pensione di vecchiaia
Settore privato
Il dipendente che raggiunge il diritto alla pensione di vecchiaia, ovvero abbia compiuto 67 anni di età (entro il 31.12.2024 in quanto dal 01.01.2025 scatta l’adeguamento in base all’aspettativa di vita), unitamente al requisito contributivo di almeno 20 anni, può essere licenziato ad nutum dal datore di lavoro (art. 4 della L. 108/1990 e Sentenza della Cassazione a Sezioni Unite numero 17589/2015). Non occorre quindi che vi sia una giusta causa o un eventuale giustificato motivo, oggettivo o soggettivo per cessare il rapporto di lavoro (Cassazione civ. Sez. lavoro Ord. 24 gennaio 2022, n. 2010).
Attenzione
Se il lavoratore prima del compimento dei 67 anni di età chiede di poter continuare l’attività lavorativa e, vi sia il consenso dell’azienda, il rapporto prosegue e continua ad essere regolato dalla tutela “reale” ovvero non è più possibile recedere il rapporto di lavoro ad nutum fino a 71 anni di età (Corte di Cassazione con la sentenza n. 17589 del 4 settembre 2015). Oltre tale età (71), vi è la libera recedibilità del rapporto di lavoro.
Settore pubblico
Nel settore del pubblico impiego una volta raggiunti i requisiti per la pensione di vecchiaia, ovvero 67 anni di età (entro il 31.12.2024 in quanto dal 01.01.2025 scatta l’adeguamento in base all’aspettativa di vita), unitamente al requisito contributivo di almeno 20 anni, l’amministrazione pubblica ha l’obbligo di cessare il rapporto di lavoro. Per la determinazione dei periodi utili al raggiungimento della pensione, deve essere considerata tutta l’anzianità contributiva accreditata (non solo quella versata presso la gestione ex Inpdap).
Attenzione
Oltre il raggiungimento dell’età necessaria per la pensione di vecchiaia (67 anni fino al 31.12.2024) il rapporto di lavoro non può continuare ad eccezione del caso in cui il lavoratore non abbia maturato i 20 anni di contributi. Infatti, in tale caso è prevista la possibilità di proseguire nel lavoro fino a 71 anni di età per consentire al lavoratore di perfezionare il requisito contributivo utile per la pensione di vecchiaia, ovvero 20 anni di contributi (5 anni per i lavoratori privi di anzianità contributiva al 31.12.1995).
Il trattenimento in servizio nel settore pubblico
L’art. 1 del decreto legge 24 giugno 2014 n. 90 convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014 n. 114 ha abrogato l’art. 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 503 che disciplinava il trattenimento in servizio dei dipendenti pubblici anche successivamente alla maturazione dei requisiti pensionistici. Con tale disposizione si è voluto favorire il ricambio e il ringiovanimento del personale delle pubbliche amministrazioni prevedendo la risoluzione obbligatoria del rapporto di lavoro al momento della maturazione dei requisiti per la pensione di vecchiaia. La possibilità di rimanere in servizio è stata, quindi, definitivamente soppressa. L’art. 1 del d.l. n. 90/2014 citato ha, altresì, riformulato l’art. 72 del d.l. n. 112/2009 convertito con modificazioni dalla legge n. 133/2008 ridefinendo l’ambito della risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro da parte della Pubblica Amministrazione. Viene lasciata, infatti, alla determinazione dell’amministrazione, con riferimento alle esigenze organizzative dell’ente e senza pregiudizio per la funzionale erogazione dei servizi, la risoluzione del rapporto di lavoro, anche del personale dirigenziale, al decorrere della maturazione del requisito di anzianità contributiva per l’accesso al pensionamento anticipato come rideterminato dall’art. 24, commi 10 e 12 del d.l. n. 201/2011 convertito con modificazioni dalla legge n. 214/2011.
Chi può lavorare fino a 70 anni nel pubblico impiego?
Possono continuare la loro attività lavorativa fino al compimento del 70° anno di età i professori universitari, gli avvocati e procuratori dello stato ed i magistrati.
Risoluzione del rapporto per limiti di età e preavviso
Nel settore pubblico, il licenziamento per raggiunti limiti di va comunicato senza erogare l’indennità di mancato preavviso. Nel settore privato invece, se nel CCNL di riferimento applicato al lavoratore sussiste una clausola di risoluzione automatica del rapporto al raggiungimento dei requisiti per il pensionamento di vecchiaia, l’azienda non è tenuta ad applicare il preavviso (Cassazione civile, sez. lavoro, sentenza 24/01/2017 n. 1743). Nel caso in cui invece il CCNL non sancisca tale fattispecie, l’azienda può interrompere il contratto di lavoro nel mese in cui il lavoratore compie l’età pensionabile (67 anni fino al 31.12.2024) pagano l’indennità sostitutiva del preavviso (Cassazione sentenza numero 521 dell’11 Gennaio 2019).
Cos’è il licenziamento ad nutum(Libera recedibilità)?
In attuazione del principio del “favor lavoratoris”, in generale il licenziamento deve essere motivato, ossia sorretto da una ragione giustificatrice: giusta causa o giustificato motivo. Tuttavia, in casi eccezionali e circoscritti, è ammesso che il datore di lavoro possa intimare il licenziamento senza dover indicare alcuna motivazione e senza osservare alcuna formalità procedurale. Si tratta dell’ipotesi del licenziamento ad nutum che ha un ambito di applicazione limitato a determinate tipologie contrattuali:
- lavoratori domestici (art. 4, c. 1, Legge n. 108/1990);
- lavoratori in prova (art. 10, Legge n. 604/1966). In tale ipotesi il recesso “ad nutum” è limitato al periodo di prova e non è previsto alcun preavviso;
- lavoratori in possesso dei requisiti pensionistici di vecchiaia (art. 4, Legge n. 108/1990).
In passato la forma scritta non era richiesta neppure per il licenziamento del dirigente, ma ora è stata estesa anche a questo licenziamento (cfr. art. 2, comma 4, legge n. 604/1966 come novellato dalla legge n. 108/1990; art. 18, comma 1, St. lav.).
Licenziamento per diritto alla pensione anticipata
Settore privato
Per i dipendenti del settore privato non è possibile recedere il rapporto di lavoro unilateralmente in caso in cui il lavoratore abbia maturato il requisito per un qualsiasi trattamento di pensione anticipato rispetto alla pensione di vecchiaia.
Settore pubblico
Nel settore pubblico, qualora il lavoratore abbia raggiunto i requisiti per la pensione anticipata (ovvero 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne) può essere collocato a riposto a discrezione dell’ente (articolo 1, comma 5 decreto legge 90/2014) qualora ciò risponda a specifiche esigenze dell’ente. In tal caso la risoluzione deve essere motivata al destinatario con riferimento alle esigenze organizzative e ai criteri di scelta adottati e può essere esercitata solo nei confronti dei lavoratori che abbiano raggiunto il requisito contributivo per la pensione anticipata (42 anni e 10 mesi di contributi se uomini o 41 anni e 10 mesi se donne). In questo caso è necessario comunicare il recesso rispettando il preavviso contrattuale. Nel caso in cui il lavoratore oltre al requisito contributivo, abbia raggiunto anche i 65 anni di età, è obbligo dell’amministrazione collocare a risposto il dipendente (tale obbligo non si applica nei confronti dei lavoratori che hanno i requisiti per la pensione anticipata quota 100, quota 102 o quota 103).
Scarica il parere del Dipartimento Funzione Pubblica del 04/03/2021
Attenzione
Non è possibile far cessare unilateralmente il rapporto di lavoro prima del compimento dell’età anagrafica per il raggiungimento della pensione di vecchiaia per i dirigenti medici e sanitari del SSN responsabili di struttura complessa, magistrati, personale difesa e soccorso pubblico e professori universitari. Invece nei confronti dei dirigenti medici e sanitari del SSN non responsabili di struttura complessa la risoluzione può essere esercitata ove al requisito contributivo (cioè a 42 anni e 10 mesi di contributi se uomini, 41 anni e 10 mesi se donne) sia stata raggiunta anche l’età anagrafica di 65 anni.