16 Settembre 2024

Lavorare all’estero: cosa sapere su contributi e previdenza

Con l'aumento della mobilità internazionale, sempre più lavoratori si trasferiscono all'estero per motivi professionali. Una delle principali preoccupazioni per chi decide di lavorare oltre i confini nazionali riguarda il sistema pensionistico e la protezione previdenziale. Cosa succede ai contributi versati in Italia quando si va a lavorare all'estero, sia all'interno dell'Unione Europea (UE) sia in paesi extra UE convenzionati o meno con l’Italia? Vediamo le implicazioni principali.

Di cosa stiamo parlando?

Il regime di sicurezza sociale applicabile al lavoratore transazionale è definito da regole differenti nel caso in cui si rientri nell’ambito di applicazione:

  • del coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale in ambito UE;
  • degli accordi bilaterali o multilaterali con stati extra-Ue in materia di sicurezza sociale;
  • della disciplina italiana e di quella estera, in assenza di accordi di coordinamento.

A livello comunitario la disciplina è dettata dal Regolamento UE 883/2004. La legislazione di sicurezza applicabile alle persone che si muovono all’interno dell’Unione europea è una soltanto da individuarsi sulla base dell’attività svolta dalla persona interessata. La decisione sulla legislazione applicabile spetta agli enti previdenziali. In linea generale, i lavoratori subordinati e autonomi sono soggetti alla legislazione del Paese in cui svolgono l’attività lavorativa.

Ferma restando la validità del principio della territorialità dell’obbligo contributivo, al fine di agevolare la mobilità intracomunitaria, sono previste alcune deroghe a tale principio nelle ipotesi:

  • di distacco;
  • dell’esercizio di attività, subordinata o autonoma, in due o più stati membri;

Lavorare in un paese UE

L’Unione Europea offre un sistema di coordinamento tra i diversi sistemi previdenziali nazionali, che semplifica notevolmente la gestione dei contributi pensionistici per i lavoratori che si trasferiscono da un paese all’altro all’interno dell’UE. Questo sistema è regolato dal Regolamento CE 883/2004.

Principi fondamentali

Totalizzazione dei periodi contributivi

Tutti i contributi versati nei paesi membri dell’UE, oltre a Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera, sono totalizzati. Questo significa che i contributi versati in più paesi sono sommati per determinare il diritto alla pensione.

Pensione pro-rata

Ogni paese nel quale sono stati versati i contributi paga una quota della pensione, proporzionata ai contributi versati in quel paese. Ad esempio, se un lavoratore ha versato contributi per 10 anni in Italia e per 20 anni in Germania, entrambi i paesi erogheranno una parte della pensione in base ai contributi.

Parità di trattamento

I lavoratori migranti devono essere trattati allo stesso modo dei cittadini del paese in cui lavorano, con diritto agli stessi benefici e obblighi previdenziali.

Normativa applicabile

Il lavoratore dipende dal sistema previdenziale del paese in cui svolge l’attività lavorativa. Tuttavia, esistono delle eccezioni, come nel caso di distacco (durata fino a 24 mesi), durante il quale il lavoratore resta soggetto al sistema previdenziale del paese di origine.

Lavorare in un paese extra UE

Nel caso di un trasferimento in un paese extra UE, la situazione è più complessa e dipende dagli accordi bilaterali tra l’Italia e il paese di destinazione. Esistono accordi internazionali di sicurezza sociale che regolano la gestione dei contributi pensionistici tra l’Italia e paesi come gli Stati Uniti, il Canada, l’Australia e altri.

Possibili scenari

Paese con accordo bilaterale

Se esiste un accordo bilaterale di sicurezza sociale tra l’Italia e il paese extra UE in cui si trasferisce il lavoratore, i contributi versati in entrambi i paesi possono essere totalizzati. In modo simile a quanto avviene in ambito UE, ogni paese erogherà una pensione pro-rata in base ai contributi versati.

Paesi senza accordo bilaterale

In assenza di un accordo, i contributi versati all’estero non possono essere trasferiti né totalizzati con quelli italiani. Il lavoratore, in questo caso, potrà riscattare i contributi versati o accedere ad altre forme di pensionamento locale. Alternativamente, può decidere di continuare a versare i contributi in Italia in forma volontaria.

Riscatto dei contributi esteri nei Paesi non convenzionati: come funziona

Chi ha lavorato in Paesi che non hanno stipulato con l’Italia alcuna convenzione di sicurezza sociale può chiedere l’accredito a pagamento dei periodi contributivi, attraverso la procedura del riscatto dei contributi, per raggiungere i requisiti necessari per la pensione. Il riscatto dei contributi è possibile anche se, per i periodi di lavoro all’estero, sono stati versati contributi in base alle regole del Paese straniero e persino quando è stata riconosciuta una pensione a esclusivo carico dello Stato estero, a condizione che gli stessi periodi contributivi non risultino già coperti in Italia. Tale riscatto può essere chiesto da chi, al momento della presentazione della domanda, è cittadino italiano, anche se durante l’attività lavorativa svolta all’estero era in possesso di una cittadinanza diversa. In caso di morte del lavoratore, i familiari superstiti possono richiedere il riscatto dei contributi, se alla data della morte dell’interessato, hanno la cittadinanza italiana.

Sono esclusi dal riscatto dei contributi i periodi di lavoro svolti nei Paesi della Ue o in Paesi legati all’Italia da convenzioni di sicurezza sociale, in quanto essi sono già automaticamente riconosciuti ai fini della pensione italiana, in base al principio della totalizzazione.

Lavoratori esteri che svolgono attività in Italia

I lavoratori assegnati in Italia, da altri Stati membri UE o con cui l’Italia abbia sottoscritto accordi di sicurezza sociale, manterranno l’obbligo di versare tutti i contributi o quelli coperti dall’accordo nel Paese di origine, previo ottenimento del certificato di copertura previdenziale A1, ovvero quelli previsti dagli accordi di sicurezza sociale con i Paesi extra UE.

Nel caso sia prevista la contribuzione in Italia l’azienda straniera, senza strutture o altri punti di riferimento nel nostro territorio, deve registrarsi in Italia o avvalersi di un rappresentante previdenziale:

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1

L’azienda deve registrarsi presso l’INPS come datore di lavoro estero e chiedere l’attribuzione di un codice fiscale dall’Agenzia delle Entrate per il tramite di un rappresentante previdenziale (nomina con atto pubblico);

2

L’azienda, sempre per il tramite del Rappresentante previdenziale. Dovrà calcolare e versare i contributi previdenziali INPS e assistenziali INAIL dovuti in base alla retribuzione del lavoratore e alle aliquote contributive italiane;

3

L’azienda dovrà occuparsi di tutta la normativa in materia di salute e sicurezza dei lavoratori ai sensi del T.U. 81/2008.

Pensione per cittadini rimpatriati di Paesi non convenzionati

In caso di attività lavorativa svolta in Italia da cittadini di Paesi non Ue, è prevista la possibilità, in favore dei lavoratori extracomunitari che rimpatriano, di beneficiare di una prestazione pensionistica al compimento dell’età pensionabile, a prescindere dal requisito contributivo minimo previsto.

Questa possibilità, invece, non è prevista per i lavoratori extracomunitari che hanno diritto alla liquidazione della pensione di vecchiaia con il sistema retributivo o misto (con contributi versati prima del 1996). In tal caso, per l’accesso alla pensione valgono le regole previste per i cittadini italiani.

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